E se invece di una banca cerco un venture capitalist?

Oggi il fattore umano (emozione, intuizione, coraggio, onestà intellettuale, entusiasmo), come abbiamo già più volte ribadito, ha poca influenza sui criteri di valutazione dell’affidabilità creditizia adottati dalle aziende di credito.
Procedure standardizzate stabiliscono chi è meritevole o meno di accedere al finanziamenti ed aziende intrinsecamente sane ma prive di capitali sono costrette alla chiusura nonostante i mercati sarebbero ben lieti di acquistare i loro prodotti.
Che fare quindi quando l’idea è buona ma la banca non vuole rischiare e il denaro è poco?
Si può ricorrere ai Venture Capitalist. Ovvero a quei signori che investono in aziende che hanno un potenziale di rendimento (e talvolta di rischio) alti.
Questi avventurosi signori preferiscono investire prevalentemente in imprese giovani, a rapido tasso di crescita e che hanno un alto profilo tecnologico e innovativo. Premiati sono inoltre i progetti originali che investono nel campo della green economy e della ecosostenibilità, Un occhio di riguardo lo hanno per le start up.
L’apporto dei Venture Capitalist è interessante non soltanto in termini di approvvigionamento di nuovi fondi e promozione di buone idee, ma anche in termini di conoscenza ed esperienza di impresa, utili al successo più di quanto non lo sia il mero apporto di capitali e il successo ovviamente fa diminuire il rischio di insolvenza.
I Venture Capitalist hanno contribuito e continuano a contribuire in maniera sempre più determinante allo sviluppo del nostro sistema industriale ed economico nel suo complesso.
Essi hanno fornito una boccata di ossigeno ad un sistema economico asfittico, talvolta obsoleto, nel quale i soldi si prestano spesso soltanto a chi none ha davvero bisogno.
In conclusione (strano ma vero), nonostante le aziende partecipate da Venture Capitalist abbiano sovente un profilo di rischio alto, presentano possibilità di successo mediamente superiori ad altre realtà imprenditoriali (finanziate dal sistema bancario) che hanno un profilo di rischio (apparentemente) basso.
Mi viene da pensare quindi che non sempre il rating è indice di rischio di insolvenza, l’incompetenza di certi consulenti si.

Salvatore Marano di SVS.Impresa
www.svsimpresa.it
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