È arcinoto e arcisaputo, da chi fa il mestiere bruto dello (fesso) imprenditore, che in Italia c’è uno Stato, che se rischi per lo fare, e non parli per parlare (come fanno assai persone), lui ti impone di pagare quello che vi sto per dire:
dieci tasse per aprire, mille tasse per campare, (e se azienda ti va male cento tasse e puoi morire!).
Per aprire non c’è sconto, quel che vogliono Vi conto:
che il mio Nonno sia educato, che io non faccia cose strane (per esempio respirare), che non metta dito al naso, che non abbia mai sbagliato e che tutto abbia pagato (pure se non ho incassato quanto a me deve lo Stato).
E poi aspetta che ti danno lo permesso a cominciare. (Senza tema posso dire che fu cosa assai più lesta, che crescesse, sopra i monti, verde e grande una foresta).
E poi infine c’è l’inizio e la fabbrica si accende! È un gran giorno, finalmente! Che si faccia tutti festa.
Ma se un tempo giunge crisi, cassa langue e non si vende, paghi uguale a questo Stato (che se no piange e si offende).
Con le banche è un matrimonio. Baci, abbracci e tanti fiori (specialmente crisantemi) per non dire a lor signori che interesse, che attenzioni!
È una storia tanto triste come un po’ tutte le fiabe.
Ma c’è un principe (o un ranocchio?) che si è imposto a comandare. Un figliolo di Toscana. Lancia in resta e tanto ardore. Certo Renzi da Firenze.
Noi speriamo che la faccia questa lotta per cambiare. Che finiti son li soldi e li sogni di campare.
Salvatore Marano di SVS.Impresa
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