Il Fondo sociale europeo (FSE) fa parte dei Fondi strutturali dell’UE ed è lo strumento più rilevante per la creazione di maggiori e migliori opportunità di lavoro in Europa.
Nel periodo 2007-2013, l’FSE ha investito circa 75 miliardi di euro in tutta l’Unione europea. A questi si aggiungono altri 50 circa in fondi pubblici nazionali.
In sintesi quindi gli obiettivi fondamentali del FSE consistono nel raggiungere la piena occupazione, migliorare la qualità e la produttività del lavoro, ridurre le disparità tra le nazioni e le regioni e nell’ambito dell’occupazione, promuovere l’inserimento sociale (con particolare riguardo agli individui svantaggiati).
È chiaro che, al di là di ciò che la teoria formalmente ci “comunica e informa”, bisogna fare i conti con la praticità della vita reale: qualificare la formazione, investire di più sul capitale umano, migliorare il rapporto fra offerta e domanda diventano i punti fondamentali su cui lavorare, meglio e di più.
In Lombardia per esempio, si è concentrata l’attenzione sui principali fabbisogni emersi da analisi e valutazioni del contesto e da un confronto con le parti socioeconomiche, gli enti locali e gli attori chiave del territorio. Una scelta che consente di rispondere alle reali esigenze del contesto socio-economico lombardo, attraverso la lettura delle opportunità e delle fragilità, individuando una strategia centrata su politiche di contrasto agli effetti negativi della crisi.
Il principale strumento utilizzato dalla Regione Lombardia per assegnare i finanziamenti, in continuità con la precedente programmazione 2007-2013, è la Dote Unica Lavoro che si configura come strumento per l’attuazione delle politiche del lavoro, responsabilizzando il sistema degli operatori accreditati attraverso controlli e valutazione, e promuovendo il partenariato tra gli enti accreditati per creare una rete. Attraverso Dote Unica Lavoro si intende rispondere alle esigenze delle persone nelle diverse fasi della propria vita professionale attraverso un’offerta integrata e personalizzata di servizi. I destinatari sono divisi per fascia di aiuto in relazione alle loro difficoltà di collocazione nel mercato del lavoro, che sono date dall’incrocio delle variabili di età, genere, posizione nel mercato del lavoro e livello di istruzione, e scelgono gli interventi in base alle proprie esigenze all’interno di un paniere unico di servizi di formazione e lavoro, incentivi ed altri interventi personalizzati.
È questo il senso che le Regioni dovrebbero dare ai milioni di euro in sette anni previsti dalla programmazione del Fondo sociale europeo per il periodo 2014-20.
Mi chiedo: cosa fanno le Regioni del sud Italia in tale direzione e in particolare la regione Sicilia?
Se il dovere di ogni Regione è quello di decidere la tipologia e la qualità della formazione da proporre, è in grado di mettere al centro delle decisioni il problema dell’occupabilità?
Bisognerebbe tra l’altro anche investire nel creare un saldo rapporto fra scuola, formazione e università, con il mondo del lavoro”: oltre all’esigenza di qualificare la formazione professionale per qualificare l’offerta e renderla funzionale alla crescita delle imprese dinamiche, esiste quindi la necessità di intervenire sul rapporto fra mondo del lavoro e scuola.
È vero che l’FSE ci offre la possibilità di qualificare i percorsi di istruzione e formazione, ma non basta. Deve esserci la volontà politica di creare degli strumenti declinati sulle esigenze del territorio e capaci di mettere al centro le esigenze dei cittadini piuttosto che quelle delle classi politiche e delle lobbies.
Tecla Bianco di SVS.Impresa